Acido Lattico: Cos’è, Come Si Forma E I Rimedi
Sentiamo spesso parlare di acido lattico come causa di dolori e crampi muscolari, ma è veramente questa la verità?
- DI Sara Faravelli
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Per moltissimi anni l’acido lattico è stato considerato una semplice molecola di scarto, prodotta nel corso dell’esercizio fisico e ritenuta essere principale responsabile della fatica muscolare. È davvero questa la verità, o c’è qualcosa di più?
Negli ultimi decenni il ruolo dell’acido lattico è stato ampiamente rivalutato, portandolo dall’essere una molecola ampiamente demonizzata all’avere riconosciuta la sua funzione come fonte di energia per il nostro corpo .
Cerchiamo dunque di fare chiarezza sul ruolo dell’acido lattico nel nostro organismo, sul suo significato e sul modo in cui esso influenza la nostra attività sportiva.
Un breve accenno al metabolismo muscolare
Prima di affrontare un argomento specifico come l’acido lattico riteniamo importante affrontare in maniera più ampia il funzionamento del metabolismo muscolare. Devi sapere, infatti, che i nostri muscoli tendono ad affidarsi a due principali metodi per ottenere l’energia necessaria alla contrazione e al mantenimento dello sforzo:
Metabolismo aerobico
Si tratta del processo di produzione di energia più efficiente e si verifica in presenza di ossigeno, che viene utilizzato per “bruciare” il glucosio per ottenere ATP (adenosina trifosfato), la molecola che potremmo considerare la valuta energetica del nostro corpo.
Questo è il metabolismo utilizzato negli sforzi a bassa intensità, come la camminata o la corsa lenta, dal momento che si tratta di un processo efficiente, ma molto lento.
Glicolisi anaerobica
Questo processo di produzione di energia alternativo viene messo in atto in condizioni di carenza di ossigeno e si caratterizza per l’essere poco efficiente, dal momento che genera solo due ATP per glucosio bruciato, contro le 36 del metabolismo aerobico.
Il vantaggio di questo meccanismo sta nella sua notevole rapidità, che compensa la scarsa efficienza. Esso è il metabolismo utilizzato negli sforzi ad alta intensità, come l’HIIT, ed è proprio nel corso di questo processo che viene generato l’acido lattico
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Acido lattico e lattato
Abbiamo, quindi, confermato che l’acido lattico viene prodotto nel muscolo nel corso degli sforzi ad alta intensità. A questo punto, qual è il destino di questa molecola? La credenza generale è che essa si accumuli a livello del muscolo e che sia responsabile dell’affaticamento progressivo e del dolore post esercizio, ma è davvero così?
Nella realtà la quasi totalità dell’acido lattico prodotto durante lo sforzo viene immediatamente convertita a lattato, la forma ionica dell’acido lattico, rilasciando uno ione idrogeno nell’ambiente muscolare, il quale contribuisce a un’incremento dell’acidità.
La cellula muscolare in un microambiente acido
Un aumento dell’acidità a livello cellulare ha conseguenze negative in termini di metabolismo, dal momento che riduce l’efficienza del processo di produzione di energia, rallentandolo ulteriormente e rendendo il muscolo meno efficiente e performante.
Questo parrebbe confermare i presunti effetti negativi dell’acido lattico, ma, a uno sguardo più attento, recenti ricerche hanno scoperto come questo sia in realtà un tentativo di proteggere il muscolo da danni dovuti a uno sforzo eccessivo.
Il mantenimento di uno sforzo ad alta intensità per periodi prolungati, infatti, pone il muscolo a rischio di lesioni sia alle fibre muscolari stesse che alle strutture legamentose che lo collegano alle ossa, specialmente se l’organismo non è abituato ad attività di questo tipo.
E’ l’acido lattico il responsabile del dolore?
Tradizionalmente l’acido lattico è stato associato al dolore muscolare post esercizio, ma una migliore comprensione del suo metabolismo ci ha permesso di comprendere come la realtà sia diversa. L’acido lattico, o, per essere più precisi, il lattato, viene rimosso dal muscolo e introdotto in circolo in circa due o tre ore dal termine dello sforzo, mentre il dolore tende a comparire nella giornata successiva.
Questa incompatibilità nelle tempistiche di fatto ci dimostra come questa molecola abbia poco a che fare con l’insorgenza del dolore post esercizio, che è invece, con buona probabilità, da attribuire a microlesioni nelle fibre muscolari.
Il destino del lattato nel nostro organismo
Una volta prodotto a livello del muscolo e dopo averne acidificato il microambiente, che fine fa il lattato? Abbiamo accennato nell’introduzione al fatto che questo possa essere utilizzato come fonte di energia, per cui ora vedremo più nel dettaglio il modo in cui questo avviene.
Ruolo del lattato nel fegato
Il lattato accumulato a livello muscolare, trascorse circa due o tre ore dalla sua formazione, viene immesso nella circolazione sanguigna, tramite la quale arriva, per la maggior parte, nel fegato. Quest’organo è una grande ghiandola sita nell’addome, responsabile di molti dei processi di detossificazione e produzione di energia che sono alla base del funzionamento di tutto il nostro organismo.
A livello epatico, il lattato viene processato all’interno di quello che chiamiamo ciclo di Cori, anche noto come ciclo dell’acido lattico. Si tratta di un processo complicato, i cui dettagli non sono particolarmente rilevanti ai fini di questa spiegazione. Quel che importa veramente è il risultato: il lattato viene riconvertito a glucosio.
Questo non avviene gratuitamente, dal momento che il costo di questo processo in termini di energia è 6 ATP, che, considerate le 2 ATP prodotte durante la produzione dell’acido lattico, ci porta a un netto negativo di 4 ATP. Il fegato si fa quindi carico del costo del metabolismo per produrre nuovamente glucosio, il quale, una volta riutilizzato a livello muscolare nel corso di esercizi aerobici porterà alla formazione di 36 ATP, riportando il bilancio energetico in positivo.
Le cellule, gli organi e in generale tutto il nostro organismo è estremamente efficiente nel riciclaggio. Quasi tutti i prodotti di scarto, come proteine anomale, organelli danneggiati e persino intere cellule vengono degradate in un processo noto come autofagia, tramite il quale essi vengono ridotti ai minimi termini e resi nuovamente disponibili per i processi metabolici di altre cellule.
Ruolo del lattato nel cervello
Parte del lattato immesso nella circolazione sanguigna arriva fino al cervello, il quale è in grado di utilizzarlo sia come fonte energetica che come molecola di comunicazione tra le cellule. Esso è così importante nel funzionamento cerebrale che non viene solamente ricavato dal metabolismo muscolare periferico, ma è persino prodotto direttamente a livello encefalico, da parte di astrociti (cellule di supporto) e neuroni.
Per quanto la precisa funzione del lattato a livello cerebrale non sia ancora del tutto chiara, alcuni studi suggeriscono come esso possa giocare un ruolo importante nella memoria a lungo termine, al punto che un’alterazione del trasportatore del lattato tra gli astrociti determina amnesia nel modello animale. C’è ancora molto da scoprire sull’argomento, ma questo dato potrebbe essere un potenziale indicatore circa l’importanza dell’esercizio fisico nel mantenere un cervello in buona salute, anche in prospettiva dell’età avanzata.
Ruolo del lattato nel cuore
Parte del lattato immesso in circolo giunge anche al muscolo cardiaco, il quale, al contrario degli altri muscoli del corpo, è in grado di utilizzarlo come substrato energetico. Questo avviene in misura particolare durante situazioni di stress, come nel corso dell’esercizio fisico, in cui il cuore vede aumentare il suo carico di lavoro e le richieste energetiche.
Sebbene il cuore sia un muscolo, esso ha delle particolarità che lo rendono peculiare, sia a livello strutturale che metabolico. Le fibre muscolari che lo compongono sono costituite da specifiche cellule note come cardiomiociti, che funzionano in maniera abbastanza diversa rispetto alle normali cellule muscolari. Ciò può essere compreso se consideriamo che il cuore deve battere costantemente, per tutta la vita, senza pause.
Per queste ragioni il cuore non può dipendere dal solo glucosio per la generazione di energia, per cui esso è in grado di utilizzare altre molecole come carburante:
- acidi grassi;
- amminoacidi;
- chetoni;
- lattato.
Cosa possiamo fare per gestire l’acido lattico?
Abbiamo visto come l’acido lattico non sia di per sé un nemico, ma un meccanismo di recupero dell’energia spesa, oltre che un modo per proteggere i muscoli dal rischio che comporterebbe un carico di lavoro eccessivo in assenza di ossigeno. Nonostante questo esso rappresenta, pur in maniera collaterale, una limitazione alla nostra capacità di esercizio.
Cosa possiamo fare per ridurne gli effetti negativi, al fine di migliorare la nostra capacità di mantenere lo sforzo muscolare per periodi più prolungati?
Soglia lattacida e VO2 max
Devi sapere che i nostri muscoli producono acido lattico anche in condizioni di riposo, in concentrazioni di circa 1-2 mmol/L. A questi valori l’immissione in circolo e la metabolizzazione da parte del fegato sono abbastanza rapidi da permetterne una rimozione veloce. Raggiunta la concentrazione di circa 4 mmol/L, tuttavia, questo processo non risulta abbastanza efficiente, e l’acido lattico inizia ad accumularsi a livello muscolare, con tutte le conseguenze che abbiamo visto in precedenza.
La concentrazione di 4 mmol/L è nota come soglia lattacida, o soglia anaerobica, ed è un valore pressochè costante in tutta la popolazione e che può essere solo parzialmente modificato: una volta raggiunto, l’acido lattico inizia ad accumularsi e a rallentare l’efficienza dei muscoli, indipendentemente dal nostro livello di allenamento. Ciò che possiamo fare, tuttavia, è agire sulla velocità con cui raggiungiamo questa soglia.
Per ottenere risultati da questo punto di vista, il modo migliore è migliorare la VO2 max, un valore che rappresenta l’efficienza complessiva del sistema cardiaco, polmonare e della respirazione cellulare. In altre parole, migliorando il modo in cui il nostro organismo e i nostri muscoli sono in grado di utilizzare il metabolismo aerobico possiamo ritardare il raggiungimento della soglia anaerobica e il conseguente aumento nella produzione di acido lattico.
Allenamento aerobico o anaerobico?
Qual è, dunque, l’allenamento giusto per migliorare la nostra “tolleranza” all’acido lattico? La risposta, ci fa piacere dirlo, è molto ottimistica: qualsiasi tipo di allenamento può aiutarci a migliorare la nostra efficienza in corso dell’attività fisica. Questo risulta essere particolarmente vero per i principianti, che tendono a ottenere molti progressi in tempi brevi, mentre atleti già esperti spesso necessitano di regimi di allenamento specifici per notare dei miglioramenti.
Allnamento aerobico
L’allenamento aerobico ci aiuta nel miglioramento della VO2 max tramite un aumento dell’efficienza del sistema cardiopolmonare. Questo significa che i polmoni sono in grado di introdurre più ossigeno, che viene trasportato in periferia attraverso il sangue più rapidamente grazie a una migliorata azione del cuore. Ciò mette a disposizione dei muscoli un quantitativo maggiore di ossigeno, consentendo di mantenere il metabolismo aerobico più a lungo.
Allenamento anaerobico
L’allenamento anaerobico, invece, migliora la capacità del muscolo di resistere agli effetti dell’acidosi provocata da un’aumentata produzione di acido lattico, tramite un’aumentata capacità di alcalinizzare il microambiente cellulare. Ciò significa che il muscolo potrà lavorare efficacemente più a lungo, anche quando sono presenti concentrazioni di lattato aumentate.
Conclusione
Abbiamo visto come l’acido lattico non sia una semplice molecola di scarto, responsabile della fatica muscolare, ma un mezzo che il nostro organismo utilizza per recuperare l’energia spesa durante l’esercizio fisico.
Questo ha degli effetti collaterali immediati, ossia un abbassamento del pH a livello muscolare che causa una riduzione nella capacità di mantenere lo sforzo, ma, tramite un’osservazione più attenta, si abbiamo compreso come questo sia, in realtà, un modo per proteggere il muscolo da danni dovuti a un impiego eccessivo.
L’acido lattico (o, meglio, il lattato), ha un ruolo importante anche nel funzionamento di cuore e cervello, che lo utilizzano come fonte di energia alternativa, e in alcuni casi preferita, al glucosio. Il resto viene metabolizzato dal fegato nel ciclo di Cori, tramite il quale esso viene riconvertito a glucosio, nuovamente pronto per l’utilizzo da parte del muscolo.
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